La dicitura Made in Italy può essere attribuita ai prodotti che hanno effettuato le lavorazioni sostanziali in Italia. Possiamo fare riferimento alla normativa vigente che viene espressa anche in questo documento di Unioncamere Lombardia.
In sintesi, possiamo dire che questo marchio – così ambito anche perché sinonimo di qualità e affidabilità nel mondo – può essere ottenuto in due modalità sostanziali.
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Il marchio Made In Italy rappresenta un punto di riferimento per garantire affidabilità, qualità e relazione con una serie di abilità delle aziende manifatturiere. Ma, soprattutto nel settore alimentare, c’è una lunga tradizione legata alla tradizione.
C’è un grande interesse ad avere il marchio Made In Italy per la propria merce. Ma, oltre ad averne diritto chi estrae la materia prima produce l’intero bene sul territorio, anche chi effettua una trasformazione sostanziale può fregiarsi di questo titolo.
Da leggere: cos’è la dichiarazione di origine preferenziale
Noi sappiamo che l’etichettatura di un prodotto è un elemento decisivo per garantire trasparenza e proteggere il valore del brand italiano. Ma anche per evitare sanzioni. A tal proposito, ricordiamo che spesso si fa l’errore di confondere Made in Italy con “merce di origine italiana”. Queste definizioni non sono intercambiabili.
Come anticipato, un prodotto diventa Made in Italy solo se l’ultima trasformazione sostanziale è avvenuta in Italia. Ciò significa che le fasi più importanti della produzione devono avvenire nel nostro paese. Origine italiana, invece, riguarda prodotti realizzati con materie prime italiane ma non osservano i criteri per essere etichettati come Made in Italy. Altra caratteristica fondamentale: questi beni non forniscono l’origine preferenziale, la dichiarazione che viene effettuata dall’esportatore (c’è la nostra guida).
Perché tutto questo è importante? In primo luogo per evitare problemi di etichettatura che possono comportare sanzioni doganali e danni alla propria immagine che commercializza come Made in Italy qualcosa che non ha diritto di fregiarsi di questo titolo. Inoltre, rischi di essere riconosciuto come azienda che sfrutta l’Italian Sounding in modo inappropriato. Ecco perché è importante affidarsi sempre a un consulente doganale per prendere le decisioni giuste in questo campo.
Un’azienda italiana produce una giacca utilizzando tessuti dalla Cina, bottoni dalla Francia e fodera dalla Turchia. Il taglio, la cucitura, l’assemblaggio e la rifinitura avvengono interamente in Italia. La giacca può essere etichettata Made in Italy: la trasformazione sostanziale (che conferisce al prodotto la sua nuova identità) avviene in Italia. Secondo la normativa doganale, l’origine è italiana.
Esempio di lavorazione all’estero senza trasformazione sostanziale. Un produttore acquista tessuti italiani e li invia in Romania, dove vengono svolte operazioni minori come stiratura, rifinitura leggera, controllo qualità o cuciture non significative.
Se le lavorazioni effettuate in Romania non cambiano la natura essenziale del prodotto, la giacca mantiene origine italiana secondo il Regolamento UE 952/2013.
Etichettatura e comunicazione: il produttore può dichiarare origine italiana e, se conforme, etichettare la giacca come Made in Italy. È consigliabile una trasparenza aggiuntiva, come “Lavorazione parziale in Romania” per evitare contestazioni.
Esempio di lavorazione all’estero con trasformazione sostanziale. Un produttore acquista tessuti italiani e li invia in Romania, dove vengono svolte le operazioni di taglio, cucitura, assemblaggio e confezionamento della giacca.
Se la lavorazione in Romania è significativa e trasforma il materiale in un prodotto finito, la giacca acquisisce origine rumena. In questo caso:
Un’azienda produce una giacca utilizzando tessuti italiani, bottoni italiani, fodera italiana e realizza interamente il taglio, la cucitura, l’assemblaggio e il confezionamento in Italia. La giacca può ottenere la certificazione 100% Made in Italy, perché sia le materie prime che l’intero processo produttivo avvengono in Italia.
In primo luogo parliamo di un processo di acquisizione diretta: la merce è interamente ottenuta sul suolo nazionale. Questo comprende anche la lavorazione.
Questo include, ad esempio, minerali e vegetali ma anche merci ottenute a bordo di navi e prodotti estratti dal sottosuolo. Poi c’è la voce dell’articolo 24 del CDC che comprende il criterio dell’ultima lavorazione o trasformazione sostanziale. In questo caso possono nascere dei disguidi e dei dubbi sull’assegnazione dell’origine.
Infatti, mentre nel primo caso è abbastanza chiara l’origine della merce nel secondo possono sorgere delle domande. Non è difficile, per noi della SOA che lavoriamo in questo settore, dover rispondere ai clienti che vogliono sapere quando definire un prodotto Made In Italy. Quali sono gli estremi per la trasformazione sostanziale?
Le lavorazioni relative a materiali di origine di paesi terzi, non legati da accordi tariffari con l’UE, consentono che al prodotto ottenuto avere l’origine Italia?
In sintesi, se importo della merce in Italia e la lavoro posso avere il marchio Made In Italy? Dipende: se il prodotto ottenuto ha composizione e proprietà specifiche, ma anche peculiarità distinte rispetto ai materiali impiegati, è possibile raggiungere lo scopo. Nello specifico bisogna apportare modifiche alle seguenti voci:
Inoltre dobbiamo rispettare altri parametri. In primo luogo quello della trasformazione specifica: piccole modifiche non sono sufficienti a ottenere il marchio Made In Italy, c’è bisogno di una evoluzione particolare e sostanziale (il manuale dettagliato lo trovi su www.adm.gov.it). Inoltre bisogna seguire la regola – alternativa alla regola del cambio di voce doganale – del valore aggiunto oltre il 45%, questo significa che il prodotto finale deve avere un incremento pari almeno a questa percentuale.
Il prodotto può avere il marchio Made In Italy? Ecco un esempio. L’azienda richiede informazioni in merito all’origine della merce. Il materiale è stato importato da paese extra U.E. con bolla doganale REG4 N° xxxxxx. Voce doganale di ingresso 90328900.
Tipo di trasformazione: riarrangiamento e aggiunta di materiale, specifiche di dettaglio e ingegnerizzazione, configurazione e scaricamento con collaudo di fabbrica per accettazione di software all’interno delle CPU. Altri dettagli utili da conoscere:
Soluzione? Al prodotto finale dovrebbe essere conferita l’origine Italia perché risultano soddisfatte le condizioni dettate dall’art. 24 del Reg. (CE) n. 2913/1992. In particolare, fermo restando che i materiali non siano originali di paesi con i quali esistono accordi preferenziali con l’Unione europea e quindi materiali terzi tout court, si osserva che:
Un prodotto che è stato classificato in una voce doganale diversa da quella dei materiali utilizzati. Tutto questo contribuisce a definire un prodotto Made In Italy che è nato dalla lavorazione di materie prime importate da altri paesi. Ma c’è un altro passaggio.
A partire dalla presidenza Trump del 2016, l’idea del proibizionismo americano contro il Made In Italy si è affacciata più volte sullo scenario internazionale.
Si palesa il progetto di chiudere le frontiere. Si allontanano gli accordi commerciali di libero scambio e l’obiettivo si sposta da alleanze geopolitiche ad accordi bilaterali.
La produzione industriale italiana si è contratta dal 2007 in poi. Nonostante questo, le esportazioni hanno toccando livelli mai raggiunti. Il dato dell’export extra-Ue, in crescita mensile del 2,5%, ha riportato il sereno sulle prospettive del Made in Italy aprendo verso nuovi spazi di ottimismo per mercati difficili.
Uno scenario che anche oggi, con la nuova presidenza Trump del 2024, rischia di essere messo in discussione a causa delle possibili decisioni dell’amministrazione USA che potrebbero determinare diverse tasse sull’import.
Non è mancata la reazione dell’UE. L’Europa non vuole una guerra commerciale con gli Stati Uniti, che si rivelerebbe disastrosa per l’economia, ma è pronta a reagire in maniera muscolare alle decisioni di Trump.
Fortunatamente per i dati dell’export italiano, queste politiche di protezionismo estremo verso le importazioni europee, e quindi anche del Made in Italy, in passato non hanno trovato appoggio e questo ha portato a una piena ripresa dell’import/export italiano negli USA. Per dimostrare questo passaggio citiamo il report ISTAT:
“Tra i principali partner commerciali dell’Italia, Germania, Francia e Stati Uniti rappresentano destinazioni importanti per i prodotti tipici del Made in Italy”.
Non sempre l’origine è chiara, per questo si consiglia di inviare all’Ufficio delle Dogane competente un’istanza di rilascio di IVO-Informazione Vincolante di Origine.
Questo per il conferimento dell’origine Italia fuori da ogni dubbio e al sicuro dal punto di vista fiscale. Noi della SOA possiamo affiancarti e aiutarti a ottenere il marchio in modo da rispettare tutte le regole e procedere alla commercializzazione senza intoppi.