Ci sono importanti novità per chi importa determinati beni o servizi rispetto al tema dell’accessibilità. Secondo la direttiva 2019/882 approvata dal Parlamento Europeo, e accolta dall’Italia con un decreto legislativo approvato il 27/05/22, c’è obbligo di verifica accessibilità dei prodotti. Ovvero, si può commercializzare un determinato oggetto se adatto a qualsiasi individuo, anche se ha delle funzionalità ridotte.
Questo tipo di inclusione può essere intesa come impegno dell’Unione Europea a creare una società giusta e semplificare la vita indipendente delle persone con disabilità. Ma cosa deve sapere, nello specifico, un importatore per la verifica accessibilità dei prodotti e dei servizi da altri paesi? Ecco una panoramica chiara sul tema.
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Leggendo anche il testo della direttiva europea che risponde all’European Accessibility Act (EAA) possiamo raggiungere a una definizione: accessibilità significa rendere prodotti e servizi fruibili da parte di tutte le persone, comprese quelle con disabilità. Senza ostacoli o discriminazioni. L’intervento dell’Unione Europea punta a promuovere una società più giusta e attenta alle necessità dei cittadini, assicurando che tutte le persone possano partecipare pienamente alla vita sociale ed economica.
Facciamo un esempio. Secondo l’European Accessibility Act (EAA) le società di trasporti devono fare in modo che le piattaforme per fare i biglietti siano accessibili e dotate di strumenti utili agli ipovedenti. Ipotizziamo che questi strumenti vengano importati: in questa circostanza, l’azienda che fa da tramite deve essere la prima verifica.
“Gli importatori e i distributori dovrebbero essere coinvolti nei compiti di vigilanza del mercato eseguiti dalle autorità nazionali e parteciparvi attivamente, fornendo alle autorità competenti tutte le informazioni necessarie sul prodotto in questione”.
L’articolo 59 del documento conferma. E quello successivo aggiunge: “Gli importatori dovrebbero garantire che i prodotti originari di paesi terzi che entrano nel mercato dell’Unione siano conformi alla presente direttiva, e in particolare che i fabbricanti abbiano effettuato adeguate procedure di valutazione della conformità”. Quindi, c’è un ruolo attivo degli importatori nella verifica dell’accessibilità dei prodotti.
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Come anticipato, non tutti i beni che vengono importati sono soggetti a questi controlli ma solo quelli che dovrebbero includersi nella vita digitale dei cittadini europei.
Quindi, ad esempio, possiamo prendere in esame la lista lasciata sempre dai documenti ufficiali dell’Unione Europea: computer e sistemi operativi che ne consentono il funzionamento, lettori di e-book, smartphone e servizi di telefonia, elementi collegati alla realizzazione di bancomat, biglietterie e macchine per effettuare il check-in.
Tutto questo riguarda sia l’hardware che il software. Per esempio, i pulsanti per digitare l’IBAN devono essere in grado di essere digitati anche dagli ipovedenti.
Ce ne sono diversi di obblighi. In primo luogo, l’importatore deve assicurarsi che il fabbricante abbia eseguito la procedura di valutazione della conformità con controllo interno della produzione e consegna della documentazione tecnica. Se ci sono possibili impedimenti all’accessibilità, l’importatore non immette il prodotto sul mercato.
Quando ciò avviene, sempre l’importatore deve fornire contatti per eventuali chiarimenti, istruzioni e informazioni sulla sicurezza. Altro aspetto fondamentale: bisogna garantire che lo stoccaggio non alteri la buona valutazione in termini di accessibilità. Quindi bisogna investire il giusto anche in magazzino e supporto logistico.
L’impegno necessarie per gestire l’import e l’export nei paesi che vanno oltre l’Unione Europea è importante. Il rischio di commettere errori è dietro l’angolo e questo può portare a ritardi o a penalità. Ci potrebbero essere anche delle multe da pagare. Per questo è importante avere una consulenza doganale al proprio fianco. Anche perché entro il 28 giugno 2025 gli stati membri, e le aziende, devono rientrare nelle regole.