L’origine non preferenziale dei pezzi di ricambio è un aspetto fondamentale per un buon numero di aziende che commercializzano, oltre i confini della comunità europea, motori e oggetti che riguardano – come suggerito – cataloghi di ricambi per settori differenti che vanno dal mondo automobilistico a quello dei grandi macchinari.
Il punto essenziale da evidenziare è questo: ci sono degli equilibri importanti, dal punto di vista del commercio internazionale, da valutare. In questo articolo cerchiamo di dipanare i punti sostanziali per chi deve emettere i certificati di origine.
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La differenza tra origine preferenziale e non riguarda la presenza di accordi tra i due paesi, quello dell’azienda che vende e dell’acquirente. Nel caso in cui ci siano degli accordi doganali ed economici, parliamo di origine preferenziale con dei trattamenti agevolati. Viceversa, l’origine non preferenziale comporta una serie di difficoltà in più anche dal punto di vista dei passaggi burocratici a causa dei controlli aggiuntivi.
Chiaramente, fa sempre comodo poter sfruttare l’origine preferenziale nel commercio internazionale. Ma è chiaro che anche in assenza di questi accordi si affronta l’iter burocratico per portare a termine la compravendita.
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In base a quanto disposto dall’articolo 24 del Codice Doganale Comunitario, quando nella produzione di una merce sono stati utilizzati componenti di due o più paesi, l’origine è attribuita al paese in cui è avvenuta l’ultima trasformazione o lavorazione sostanziale (qui trovi le regole dell’UE su questo tema). Ma cosa significa?
Facciamo un esempio: se un macchinario che incorpora pezzi di ricambio cinesi viene lavorato in modo sostanziale in Italia, otterrà l’origine comunitaria/italiana.
Il dubbio di molti clienti riguarda l’origine non preferenziale dei pezzi di ricambio. Il punto è questo: cosa avviene se, insieme alla spedizione del macchinario, c’è una dotazione di ricambio originario di un paese differente? Cosa avviene se, in caso di guasto, si invia un pezzo di origine terza che fa parte del macchinario?
Che origine dovrà essere dichiarata nel certificato? Ci aiuta l’articolo 41 delle Disposizioni di Applicazione del Codice Doganale Comunitario, il quale recita:
I pezzi di ricambio essenzialmente destinati a un materiale, una macchina, un apparecchio o un veicolo precedentemente esportati sono considerati della stessa origine del materiale, della macchina, dell’apparecchio o del veicolo considerati.
Nell’esempio citato, le parti di ricambio, anche se di origine terza, verranno dichiarate di origine comunitaria/italiana. Purché sussistano le seguenti condizioni:
Ovviamente i documenti della nomenclatura combinata hanno un volume e una complessità non sempre adeguate alle necessità aziendali., In ogni caso riportiamo l’elenco completo presente in questo PDF.
Il certificato di origine e la domanda hanno delle regole. Nello specifico, nella casella n. 6 destinata a ordine, marchi, numeri e natura dei colli, designazione delle merci deve esserci la descrizione dei pezzi e una dichiarazione del richiedente.
La casella 6 del certificato di origine.
In cosa consiste? Bisogna sottolineare che le merci sono destinate alla normale manutenzione di un macchinario precedentemente esportato. In più bisogna definire il macchinario stesso dello stesso e la citazione dei dati relativi al certificato d’origine a suo tempo emesso: autorità che ha rilasciato il certificato, numero e data dello stesso.
Per agevolare le aziende ad affrontare questo passaggio ci sono software come SpeedyCO. Chiaramente la compilazione di un’eventuale origine non preferenziale dei pezzi di ricambio rimane sempre dell’operatore. Però la semplicità d’uso di questo software consente di concentrare l’attenzione solo su questi punti e lasciare tutti i passaggi di routine all’automatizzazione dell’applicazione.