Quali sono le annotazioni non previste di un certificato di origine?

9 December , 2020 Commercio Internazionale

Le annotazioni non previste di un certificato di origine sono voci non necessarie e non consentite sul documento. Dato che questo è un elemento ufficiale della Camera di Commercio, al fine di indicare in modo definitivo l’origine della merce, l’istituto in questione deve essere in grado di indicare solo ciò che può essere documentato.

Perché la Camera di Commercio non può andare a verificare (ad esempio) in loco una determinata informazione: si basa solo sui dati forniti dalla documentazione inviata dall’azienda. O da soggetti terzi che curano per quest’ultima la richiesta.

Veniamo al dunque, quali sono le annotazioni non previste in un certificato di origine e che quindi non devono essere inserite in questi documenti?

Perché verificare le annotazioni non consentite?

In primo luogo bisogna capire cosa si rischia nel momento in cui il certificato di origine viene compilato in modo non ortodosso e si inseriscono voci inadeguate. Perché è così importante evitare le annotazioni non previste del certificato di origine?

La risposta è semplice: la pratica viene rifiutata. Questo significa rallentare il processo necessario per la spedizione della merce. Un esempio concreto: nel campo descrizione merce, non posso inserire 100% Made in Italy. La percentuale (100%) è una formula non consentita e la richiesta di certificato di origine viene bloccata.

Da leggere: stampare il certificato di origine in azienda

Quali sono le annotazioni non previste?

Chiaramente è importante conoscere tutte le note e le descrizioni da evitare nel momento in cui si compila un certificato di origine. Quali sono?

Menzione del nome del produttore

Il nome del produttore è un dato non sempre richiesto, in molti casi facoltativo. Ma in alcuni paesi è necessaria. E deve essere inserito nel modo giusto.

L’informazione deve essere allineata con la dichiarazione del legale rappresentante e con le informazioni presenti nel registro delle imprese. Questa è una condizione essenziale: se non è verificabile, è richiesta dichiarazione firmata dal legale rappresentante della società produttrice che confermi l’informazione.

L’attività di questa figura – il legale rappresentante – è necessaria anche nel caso in cui ci troviamo di fronte a segreto commerciale: in questi casi c’è necessità di una dichiarazione autocertificante dell’azienda produttrice.

Menzioni discriminatorie

Sui certificati di origine, ma anche sulle fatture, non è possibile inserire elementi di discriminazione. Vale a dire informazioni che facciano trasparire un’ostilità nei confronti di merce originaria di determinati paesi. O trasportata con navi iscritte a liste nere, che fanno scalo in porti di paesi discriminati.

Menzione 100% Made in Italy

Questo è il caso già citato nell’esempio e che riguarda l’incompatibilità tra la cifra percentuale (100%, che indica la totalità del prodotto) con una documentazione priva di adeguata certificazione.

Quindi, se in fattura o su certificato di origine si vuole usare quest’annotazione è necessario aggiungere una dichiarazione firmata dal legale rappresentante della società che ha prodotto il bene.

E che, appunto, può confermare che quel prodotto ha quella caratteristica. Tutto questo è regolato dal D.L. 25/09/09 n.135, convertito con la Legge n.166 del 20/11/09.

Da leggere: paesi con certificati di origine particolari

Come evitare errori e sviste nel certificato

Chiaramente la prassi e l’abitudine aiuta a evitare le annotazioni che possono portare al rifiuto del certificato di origine. D’altro canto può esserci sempre un errore non preventivato a rallentare l’attività. Ecco perché è sempre importante appoggiare il processo di certificazione a un’applicazione come SpeedyCo. Perché è importante?

SpeedyCo permette di attingere a modelli definiti di documenti, così da avviare il processo in modo automatico e standardizzato, riducendo al minimo la possibilità di errore.