Dal 2019 è possibile fare il certificato di origine ai clienti italiani. Ed esiste una procedura – poco nota – che consente alle attività di eseguire la procedura del certificato di origine anche per le imprese italiane. Con sede sul nostro territorio.
A norma di legge, ovviamente, questo passaggio non sarebbe necessario: sarebbe sufficiente la fattura di vendita al cliente italiano che può usarla per ottenere a sua volta il certificato di origine. Con la procedura che già conosciamo, attraverso la Camera di Commercio. Questo passaggio, che rientra nelle procedure particolari, ha però il merito di snellire e semplificare le operazioni. Scopriamo di cosa si tratta.
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È un documento che certifica l’origine della merce, necessario per le esportazioni extra UE, che l’azienda esegue per conto del cliente italiano che ha la necessità di esportare. In questo modo, oltre ad avere la fattura di vendita, ottiene anche il certificato di origine da emettere con il passaggio finale dalla Camera di Commercio.
Il CO, in sintesi, è un documento che attesta il luogo di produzione, estrazione o fabbricazione delle merci. O il luogo in cui è stata effettuata l’ultima trasformazione sostanziale in grado di modificare la forma o la destinazione d’uso del prodotto finito.
Non certifica la spedizione, né è considerato rappresentativo della merce, come lo sono invece le polizze di carico, le lettere di vettura, o altri documenti di accompagnamento.
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Il certificato di origine ha finalità creditizia per negoziare le lettere di credito e doganale dato che è una scelta dei regimi doganali da parte delle Autorità competenti del paese importatore al momento dello sdoganamento.
L’utilizzo del certificato di origine delle merci è limitato ai rapporti tra Unione Europea e paesi extracomunitari, poiché in ambito comunitario è sufficiente che le merci siano accompagnate dalla fattura di vendita, sulla quale è consuetudine dichiarare l’origine di provenienza come da regolamento CEE n° 2454/ 1993.
Per fare il certificato di origine ai clienti italiani bisogna prima inquadrare l’unica differenza con una procedura standard: i dati dell’azienda italiana che acquista non dovranno essere inseriti nella casella 2, quella dedicata al destinatario.
Qui, infatti, si dovrà aggiungere solo la dicitura to the order – for future exportation seguita dalla destinazione estera. Casi particolari: la destinazione estera non è nota al richiedente oppure la fattura presentata è tra due soggetti nazionali.
In questo caso si allega una dichiarazione del richiedente in cui si conferma che la merce verrà esportata in seguito. Ecco un esempio della dichiarazione da compilare:
Io sottoscritto ________ in qualità di legale rappresentante della società ________ con sede in Via________ con codice fiscale e partita IVA ________
DICHIARA
Che le merci di cui alla ns. fattura n. ________ del __/__/______ nei confronti di ________, Via ________ Codice fiscale e partita IVA________ saranno oggetto di futura esportazione
Luogo, ________
Data __/__/______
Timbro e firma
Di base l’azienda che acquista un bene da una seconda impresa italiana, per esportare dovrebbe seguire l’iter completo per fare il certificato di origine. In questo modo, invece, l’azienda intermediaria non è tenuta a comunicare i riferimenti legati al processo di acquisto e produzione del bene. Questo per diversi motivi, anche di privacy.
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Il modo più semplice per fare il certificato di origine ai clienti italiani: utilizzare un software come SpeedyCO. In questo modo puoi attivare automaticamente le modifiche da inserire nel certificato di origine e semplificare il lavoro.
Questo è vero soprattutto quando hai tanti clienti e molti con impostazioni differenti che sarebbero difficili da attivare senza l’aiuto di uno strumento come SpeedyCO.